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STUDI DI SETTORE: SI RIAPRE IL DIALOGO Stampa E-mail

Gli studi di settore nascono nel 1993 come strumento di accertamento concordato con le categorie e sono fondati sull'art. 62-sexies del D.L. 331/93, che estende l'accertamento presuntivo (ex art.39 DPR 600/73) ai casi di grave scostamento dei ricavi dichiarati da quelli ricalcolati in base agli studi.

 

Poiché siamo in tema di presunzioni, gli studi devono necessariamente svilupparsi nel rispetto dell'art.2729 c.c. per il quale le presunzioni semplici sono “lasciate alla prudenza del giudice, il quale non deve ammettere che presunzioni gravi, precise e concordanti”.

Gli studi nascono quindi come una delle possibili presunzioni che il Fisco può utilizzare in sede di accertamento, necessariamente accompagnata da altri elementi probatori concordanti.

 

Nel corso degli anni, tuttavia, gli studi si sono trasformati; quasi in ogni finanziaria, a fronte del “flagello” dell'evasione fiscale, il rimedio è quasi sempre la revisione degli studi di settore, che da strumento presuntivo statistico si sono sempre più andati trasformando in una sorta di tassametro che, appositamente tarato, produce con facilità gettito; e vista la facilità e comodità dello strumento, il Fisco, forzando la norma, ha sempre più cercato di rendere automatico l'accertamento da studi, nonostante una costante giurisprudenza contraria.

 

Ed è proprio a causa di questa giurisprudenza quasi unanime che l'ultima finanziaria, recependo i desideri dell'Agenzia delle Entrate, introduce una modifica all'art.10 della L.146/98, in base alla quale, secondo l'Ufficio (circ. 11/E), si “ribadisce, ancora una volta, la valenza probatoria degli studi di settore quale presunzione relativa, dotata dei requisiti di gravità, precisione e concordanza”.

 

Con buona pace del codice civile, quindi, la valutazione delle presunzioni, secondo il Fisco, non è più rimessa alla prudenza del Giudice: gli studi sono gravi precisi e concordanti per legge, il che lascia alquanto perplessi: passi sulla gravità e precisione, ma concordanti con cosa ? Con se' stessi ?

 

Ma la Finanziaria riserva anche un'altra sorpresa: gli “Indici di normalità economica” (I.N.E.), che vanno a pescare elementi di incoerenza in alcune variabili, e se li individuano inaspriscono ulteriormente il maggior ricavo presunto, e le prime proiezioni evidenziano subito un indice denominato “valore aggiunto per addetto” che fa lievitare le provvigioni in maniera esorbitante e totalmente ingiustificata.

 

E' per questo che in una riunione del Centro studi fiscali, in concomitanza con l'ultimo congresso Usarci di Montegrotto Terme, i consulenti Usarci di tutta Italia decidono compattamente di non effettuare nessun adeguamento agli I.N.E., preferendo l'eventuale contenzioso, anche a costo di intasare le Commissioni Tributarie, facendo valere i principi dell'art.62-sexies citato (ancora in vigore) e il codice civile.

 

Alle stesse conclusioni giungono più o meno tutte le categorie, col noto movimento di reazione che, non disgiunto da qualche debacle elettorale, ha indotto il Governo a più miti consigli.

 

Si è riaperto il dialogo e a fine luglio è stato sottoscritto un accordo che quanto meno definisce la valenza degli I.N.E.: hanno valore solo sperimentale, anche perché non sono mai stati concordati; pertanto non è obbligatorio l'adeguamento ai ricavi da essi risultanti. Non solo: rappresentano una mera “presunzione semplice” e il Fisco può utilizzarli solo se supportati da altre prove concrete.

 

Ma la più bella notizia per i contribuenti arriva il 2 agosto: la Commissione Finanze approva una risoluzione (atto n.171) a seguito della relazione della Corte dei Conti concernente l'indagine “Rapporti fisco/contribuenti: stato di attuazione dello statuto del contribuente e dell'obiettivo di ottimizzazione del servizio per i contribuenti utenti” nella quale, dopo aver sottolineato che tutti i Governi che si sono succeduti dopo l'emanazione dello “Statuto del contribuente” lo hanno sistematicamente disatteso, richiama il legislatore al rispetto scrupoloso dello Statuto, al fine di migliorare il rapporto di fiducia. La Commissione si sofferma poi sugli studi di settore, e in un capitolo intitolato: “Obblighi per l'Amministrazione finanziaria” afferma che è necessario: “preservare la natura presuntiva degli studi di settore, il principio della loro revisione basata su analisi condotte insieme con le categorie e l'efficacia probatoria tale da attribuire sempre all'Amministrazione finanziaria l'onere della prova, in continuità con quanto già espresso dal Parlamento su tale tematica”.

 

Parole chiare e precise che aprono il cuore e ci allietano l'inizio delle ferie. Ma alla ripresa delle attività, in settembre, verranno messe in pratica o resteranno lettera morta ?

 

Dott. Fabrizio Tagliabracci

 

Consulente fiscale USARCI-VENEZIA

 
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